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Un’altra storia, magari già sentita tante altre volte, di un imprenditore comune, un uomo con grandi capacità lavorative, ma che la grave crisi di settore, ed i mancati incassi di fatture emesse, aveva messo in ginocchio.

Il sig. Franco, un nome di fantasia, aveva aperto nel ’91 una ditta individuale di commercio al dettaglio di macchine ed elaborati elettronici, nonché di vendita di macchine e mobili per ufficio.
Nel 2006 acquistava l’immobile, ove egli ha poi svolto la sua attività lavorativa, sottoscrivendo un mutuo per l’acquisto dello stesso per €150.000,00, ma il mutuo che gli veniva concesso aveva in se numerose illegittimità.
In primis era un mutuo a tasso variabile, tasso legato all’andamento dell’Euribor, un mutuo quindi illegittimo per sua stessa natura.
Ma non trascurabile era anche la circostanza che l’Istituto di credito aveva concesso un finanziamento, per €150.000,00, ad un soggetto che non era assolutamente finanziabile secondo la valutazione del merito creditizio dettata dal Testo Unico Bancario.
All’imprenditore infatti era stato concesso un mutuo che aveva un costo annuo pari ad €14.400,00, a fronte di un reddito pari ad €13.110,00.
Chiaramente questo indebitamento gli aveva generato gravi difficoltà, tanto è vero che egli, a parte le rate dei primi anni, pagate regolarmente alla Banca che aveva erogato il mutuo, in seguito non era riuscito più a pagare né le rate né le tasse in corso d’esercizio.
Inoltre, a causa di questo mutuo, il sig. Franco aveva ricevuto anche degli avvisi di accertamento da parte dell’agenzia delle entrate, per studi di settore, essendo stata rilevato dall’Ente una incongruenza tra i costi ed i ricavi dichiarati dalla ditta del sig. Franco nella sua dichiarazione (costi troppo elevati in base ai ricavi dichiarati).

L’imprenditore tentava, in un primo momento, di pagare anche l’Agenzia delle Entrate, aderendo agli avvisi di accertamento, tuttavia ad un certo punto non riusciva a sopportare il peso del mutuo ed anche il costo delle rate accordate con lo Stato.
Per pagare le rate con lo Stato chiedeva, sempre il sig. Franco, un nuovo prestito ad altro Istituto di credito che, paradossalmente, glielo concedeva.
Questa volta gli veniva concesso il finanziamento con la garanzia di Medio Credito Italiano.
Chiaramente anche questo nuovo finanziamento aveva l’effetto perverso di generare altri avvisi di accertamento, sempre perché i costi non erano sostenibili in base alle dichiarazioni dei redditi trasmesse (chiaramente anche questo nuovo finanziamento non sarebbe mai dovuto essere concesso), ed il sig. Franco arrivava, di lì a poco, ad un punto di non ritorno.
Nel 2013 il sig. Franco riceveva un’offerta di lavoro da parte di una s.r.l., offerta che accettava volentieri nella speranza di risolvere i suoi problemi economici, dato che gli veniva promessa una retribuzione sicura di una certa importanza.
Purtroppo, però, il sig. Franco, per questa s.r.l., firmava anche delle garanzie, ed il suo debito lievitava, tra garanzie concesse e debiti personali, sino ad arrivare ad €900.000,00.
Intanto la s.r.l., per cui egli medio tempore era diventato anche amministratore, veniva travolta dai fallimenti dei suoi clienti, e chiudeva nel 2016 la partita Iva con un debito elevato.

Sempre nel 2016 il capannone acquistato dal Sig. Franco veniva venduto all’asta, in una procedura esecutiva avviata proprio dalla Banca che aveva erogato il mutuo, ed egli, per un breve periodo rimaneva senza lavoro.
Chiaramente nessun creditore del sig. Franco veniva soddisfatto dalla esecuzione dell’immobile, e nemmeno la Banca che aveva erogato il mutuo per l’acquisto dello stesso veniva soddisfatto, e questo accade sempre.
Il sig. Franco ormai non vedeva alcuna via d’uscita.
Rivoltosi ad un legale, nello specifico l’avvocato Floriana Baldino, decidevano congiuntamente di avviare una procedura di liquidazione del patrimonio, legge 3/2012, legge più nota a tutti come legge salvasuicidi, anche in assenza di patrimonio da liquidare, considerando che il capannone già era stato venduto all’sta nel 2016.
Il sig. Franco oggi poteva contare su una retribuzione pari ad €1.300,00, avendo trovato un lavoro presso una nuova società.
Si depositava pertanto un ricorso per accedere alla procedura di liquidazioni ex art. 14 ter lg. 3/2012 e si chiedeva, al Giudice Delegato nella procedura di liquidazione, di avviare la procedura fissando il limite impignorabile, per della procedura stessa, in €900,00, e mettendo in conseguenza a disposizione della procedura liquidatoria l’eccedente importo, ovvero la differenza tra la retribuzione riscossa ed il reddito dichiarato impignorabile per decreto.
Il Giudice Delegato nella procedura di liquidazione, il dott. Rana, aderendo alla ricostruzione fatta nel ricorso dal legale avv. Baldino, e condividendo quanto veniva scritto nella relazione del gestore nominato, apriva la procedura di liquidazione nominando infine il liquidatore.
Se il debitore collaborerà con il liquidatore, tra 4 anni potrà ottenere la cancellazione dei debiti pari ad €900.000,00, pagando solo 400,00 per i prossimi 4 anni.
Un altro grande risultato, ottenuto presso il Tribunale di Trani, con la firma del dott. Rana, e con l’ausilio dell’avvocato Floriana Baldino, il legale di fiducia del debitore.



 

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