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È fissato per oggi a mezzogiorno il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti al Decreto Salva Casa, entrato in vigore il 30 maggio. Solo la Lega ha presentato un centinaio di richieste di modifica, così Forza Italia. Supertao l’esame dell’ammissibilità, verrà definito il cronoprogramma per la discussione in Commissione Ambiente e lavori pubblici, con un occhio al calendario: il testo emendato dovrà passare al vaglio della Camera e del Senato per essere approvato entro il 28 luglio, termine per la conversione in legge.

Fiato sospeso per un emendamento in particolare, il cosiddetto «Salva Milano», annunciato qualche settimana fa dal Ministro per le Infrastrutture e i trasporti Matteo Salvini che aveva anticipato un intervento specifico per sbloccare l’impasse in cui si trova l’urbanistica milanese con una decina di inchieste aperte e circa 150 progetti bloccati. La cornice sono una decina di misure della Lega per ampliare le maglie del Salva Casa, al quale dovrebbe seguire un intervento sull’edilizia residenziale pubblica. Il Ministero dovrebbe avocare a sè così anche la competenza edilizia, con un prossimo «Piano Casa Italia».

Tornando a Milano, ma non solo, da «sanare» per usare un termine odioso a sviluppatori e costruttori, interventi già realizzati dove gli appartamenti sono stati acquistati dai cittadini. «Sul pregresso non entro nel merito delle inchieste giudiziarie, però una città come Milano non può fermare le autorizzazioni edilizie- aveva spiegato Salvini -: andiamo a fare un intervento per aiutare le centinaia di famiglie che che vivono oggi in palazzi che non possono essere abbattuti e per tutelare chi ha comoprato un appartamenti negli edifici ora bloccati». Più in generale l’intento è «trovare soluzioni al problema delle ristrutturazioni edilizie che non riguardano solo Milano, ma anche altre città dove per anni si è lavorato seguendo la stessa interpretazione di norme».

L’emendamento punta a scongiurare la sovrapposizione tra le norme statali e regionali e i provvedimenti comunali che consentono la «demo-ricostruzione» con Scia. Sono diverse le leggi nazionali che entrano in gioco come la legge urbanistica del ’42, il decreto del ’68 sui piani attuativi, il decreto semplificazioni del 2020 che aveva già definito il concetto di ristrutturazione urbanistica come demolizione e ricostruziuone – precisazione richiesta da Anci – anche dove determina altezze diverse da quelle degli edifici precedenti, sottolineando il valore positivo delle riqualificazione di zone degradate o dismesse. Poi c’è il tema delle autorizzazioni tramite Scia ex articolo 23 o Scia «pesante».

Si interseca il tema dei piani attuativi previsti dalla legge del ’42, ma non sempre dalle norme comunali. L’emendamento leghista dunque va a chiarire l’applicazione del Dpr 380 del 2001 sulle ristrutturazioni, definendo il campo degli interventi realizzati in ambiti edificati e urbanizzati. Uno dei temi sollevati delle associazioni di categoria, appunto, è come la legge 42 sia «anacronistica» imponendo la programmazione di servizi anche in contesti in cui gli interventi siano calati in quartieri già densamente urbanizzati e quindi ricchi di servizi. Diverso il caso in cui si tratti di realizzazioni di nuovi quartieri dove, invece, la pianificazione di scuole, parchi, strutture sportive si rende necessario. Ovviamente si richiede la conformità degli interventi alle leggi regionali e agli strumenti urbanistici comunali e non può sanare situazioni dove sia già stato emesso un ordine di demolizione.

Sul futuro? Per la definizione di regole certe per gli interventi autorizzati nei due mesi di interregno, tra maggio e il 28 luglio si demanda alla conferenza Stato Regioni,

con un termine di 6 mesi massimo, passaggio obbligatorio per legge. Diversa la posizione di Azione, che nel suo emendamento «Salva Milano» impone l’obbligo di piani attuativi per gli interventi realizzati con «Super Scia».

 

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