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Le recenti sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardanti le clausole abusive nei contratti finanziari e il loro impatto sui consumatori: il giudice nazionale deve proteggere il consumatore, anche in caso di tardiva opposizione all’esecuzione.

Pochi giorni fa è intervenuta una storica sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che, sulla scorta di ben quattro precedenti della Corte di Giustizia UE, ha stabilito un principio innovativo per il nostro diritto: anche in sede di pignoramento, con la casa già all’asta, il debitore deve avere la possibilità di opporsi all’esecuzione forzata se il contratto firmato con la banca presenta clausole vessatorie. Non importa se il decreto ingiuntivo o la sentenza in forza del quale il creditore agisce è ormai divenuto definitivo.

Ora lo stesso principio è stato nuovamente ribadito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con riferimento a un contratto di finanziamento. La Corte ha così fornito delle importanti indicazioni su come difendersi dal pignoramento della finanziaria, anche in una fase già avanzata, benché il debitore abbia fatto scadere tutti i termini per le azioni a sua difesa.

In questo articolo, nel commentare tale sentenza [1], forniremo una serie di indicazioni su come si difendono i consumatori dalle clausole abusive nei contratti finanziari: qual è il ruolo del giudice nazionale in questo contesto? Iniziamo ad esplorare queste questioni cruciali nel contesto delle recenti sentenze della giurisprudenza comunitaria.

Leggi anche La disfatta delle banche sui pignoramenti: una sentenza rivoluzionaria

Che cosa significa clausola abusiva in un contratto finanziario?

Un contratto finanziario può contenere una clausola che mette il consumatore in una posizione svantaggiosa, creando uno squilibrio tra il consumatore e l’istituzione finanziaria. Queste clausole sono anche chiamate

vessatorie. La normativa europea stabilisce la nullità di tali clausole quando il contratto è firmato da un consumatore e la controparte è un “professionista” (inteso come soggetto che esercita l’attività in modo professionale, come una società, una banca, una finanziaria, ecc.).

Ad esempio, Tizio firma un contratto di mutuo con una banca. Se la banca inserisce una clausola che lo penalizza in modo eccessivo in caso di ritardo nel pagamento, questa clausola può essere considerata abusiva.

Esempi di clausole abusive sono, ad esempio, quelle che stabiliscono un tribunale di competenza diverso da quello della residenza del consumatore; quelle che fissano calcoli di interessi esosi, penali per il recesso anticipato dal contratto di finanziamento, commissioni e costi di attivazione occulti.

Leggi anche Clausole vessatorie con le banche: quali sono?

Secondo la giurisprudenza UE, se una clausola contrattuale crea un forte squilibrio tra il consumatore e la finanziaria, il giudice nazionale ha il dovere di intervenire, annullando il contratto anche se il debitore non ha mai fatto prima opposizione. E ciò può avvenire anche se il creditore

ha già avviato il pignoramento e magari messo all’asta la casa del debitore oppure ha operato il blocco del conto corrente o la trattenuta del quinto dello stipendio.

Qual è il ruolo del giudice nazionale nell’interpretazione delle clausole abusive?

Secondo la recente sentenza della Corte di Giustizia UE [1], il giudice nazionale deve valutare, anche d’ufficio, se una clausola contrattuale è abusiva. Ciò significa che il giudice nazionale deve proteggere attivamente i diritti dei consumatori, anche quando i consumatori stessi non fanno valere i loro diritti in tempo.

Leggi anche Come bloccare la casa all’asta e il pignoramento immobiliare

Cosa succede se un consumatore si oppone tardivamente all’esecuzione di un contratto finanziario?

Prendiamo il caso di Caio, che ha contratto un debito con una finanziaria. La finanziaria ha iniziato il processo di recupero del credito e Caio si è opposto, ma troppo tardi secondo le norme nazionali. Secondo la sentenza qui in commento, il giudice nazionale deve comunque valutare se ci sono clausole abusive nel contratto, anche se l’opposizione di Caio è tardiva. E, in caso affermativo,

deve annullare il pignoramento.

Come si applica la direttiva 93/13 dell’UE sulle clausole abusive?

La direttiva 93/13 dell’UE mira a proteggere i consumatori dalle clausole abusive nei contratti. Tuttavia, la Corte UE ha chiarito che la direttiva non armonizza le procedure nazionali per l’accertamento dell’abusività delle clausole. Ciò significa che spetta al giudice nazionale interpretare e applicare la direttiva, garantendo al contempo il principio di effettività e di equivalenza.

Che impatto ha l’interpretazione delle clausole abusive sul consumatore?

L’interpretazione delle clausole abusive ha un impatto significativo sui consumatori. Secondo la sentenza, i consumatori sono protetti anche quando non sono in grado di far valere i loro diritti in tempo. Ad esempio, nel caso di Sempronio, che non è riuscito a opporsi in tempo al pignoramento messo in atto da una finanziaria, il giudice nazionale deve comunque verificare se ci sono clausole abusive nel suo contratto.

Leggi anche Asta e pignoramento di casa: come opporsi anche in fase avanzata

Cosa fare se non ci sono clausole vessatorie nel contratto?

La possibilità di bloccare il pignoramento della finanziaria, alla luce della pronuncia appena commentata, è legata alla presenza nel contratto di prestito di almeno una clausola vessatoria. Ma se tali clausole non dovessero essere presenti come si difende il debitore?

La legge ammette due strumenti:

  • l’opposizione all’esecuzione (art. 615 cod. proc. civ.): quando ci si oppone all’esistenza del debito (ad esempio perché prescritto o perché dovuto da un’altra persona: si pensi al parente del debitore che ha rinunciato all’eredità);
  • l’opposizione agli atti dell’esecuzione (art. 617 cod. proc. civ.): quando ci si oppone all’irregolarità della procedura e degli atti formali (si pensi al mancato ricevimento di una notifica).

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