Le pignorano tutto lo stipendio per un debito non pagato
Agenzia delle Entrate pignora tutto lo stipendio a una dottoressa per un debito non pagato, la disperazione di un medico-madre
Può l’Agenzia delle entrate-Riscossione pignorare l’intero stipendio di un lavoratore? La risposta è no! L’Agenzia può pignorare lo stipendio, ma ci sono dei limiti stabiliti all’importo che può essere detratto. Questo è quanto dice la legge.
Questa norma, però, non è valida per una dottoressa straniera, laureata in Italia, in Medicina e Chirurgia nel 2002 e in Chirurgia generale nel 2008. Titolo di studio conseguito all’Università degli studi di Perugia nella sede distaccata di Terni.
La dottoressa oggi non vive più a Terni. Ha un contratto di lavoro con l’azienda sanitaria di Ferrara che il mese scorso non le ha accreditato lo stipendio, a causa di un debito che la professionista ha con l’Agenzia delle Entrate di oltre 157mila euro.
Lo deve pagare, ma nel frattempo l’Agenzia di Riscossione si è rivolta al datore di lavoro della lavoratrice intimando a non versarle più lo stipendio, con un “Atto di pignoramento dei crediti verso terzi”.
Nella lettera dell’Agenzia delle Entrare ricevuta è scritto: “Al Terzo xxx di non disporre delle somme pignorate in ragione del rapporto sussistente con il Debitore”.
La dottoressa ha tre figli adottivi afgani: i loro genitori sono stati uccisi dai talebani. La professionista il 27 del mese scorso avrebbe dovuto percepire lo stipendio di settembre, ma a causa di questa procedura non ha visto accreditati i soldi sul suo conto corrente e al perché di tutto questo è spuntata fuori una lettera dell’Agenzia delle Riscossioni dove è spiegato tutto.
Per capire come la dottoressa abbia accumulato questo dedito occorre fare dei passi indietro di qualche anno, ed esattamente nel 2009, la data della prima notifica.
Atto che la professionista medico non ha mai visto perché in quegli anni si era trasferita a Londra per fare la libera professione. In questi anni, esattamente quattro (2008-2011), la dottoressa non ha fatto la dichiarazione dei redditi. Il debito che è venuto fuori è causato proprio da questo: dalla mancata dichiarazione.
“Un po’ perché non sapevo, un po’ perché non ero entrata nell’ambiente del lavoro come libero professionista – spiega la dottoressa –, non ho fatto la dichiarazione dei redditi”.
Vivendo in Inghilterra non ha fatto in tempo a saldare entro il termine prestabilito. “Per quella mancata dichiarazione – spiega – mi hanno fatto una multa che oggi, comprensivi di interessi, ammonta a quasi 160mila. Io non ho potuto contestare e quando l’ho fatto non c’è stato il verso di risolvere”.
L’Agenzia delle Entrate, in sostanza, ha inviato una serie di atti alla professionista dal 2009 al 2013 che, per i motivi spiegati sopra, non è riuscita a saldare. Una notifica di avviso di mora/intimazione è stata inviata dall’agenzia a marzo di quest’anno e solo venerdì scorso la professionista è venuta a conoscenza di questa lettera di pignoramento dello stipendio.
Nell’ultima lettera di avviso è anche riportato “che sono inutilmente decorsi i termini” … “per il pagamento delle somme indicate negli atti di avviso di accertamento, ovvero nelle cartelle di pagamento, ovvero negli avvisi di intimazione ad adempiere…”
“Ordina al terzo (il datore di lavoro), in persona del legale rappresentante protempore, di pagare, direttamente all’Agenzia delle entrate-Riscossione nel termine di 60 giorni dalla notifica di questo atto, le somme per le quali il diritto alla percezione da parte del Debitore sia maturato anteriormente alla data di tale notifica”.
Fino a quando non avrà saldato il debito: ciò significa che la professionista non percepirà nessun stipendio, perché ha le somme pignorate.
La dottoressa ora si trova in difficoltà, con tre figli da mantenere e nessun mezzo di sopravvivenza, l’affitto, le utenze e altre tasse da pagare non sa come ad andare avanti. Ha qualcosa messo da parte che ha già utilizzato per far fronte alle emergenze. Senza percepire uno stipendio, e in preda alla disperazione, ha scritto diverse lettere: una al responsabile del procedimento chiedendo lo “sblocco immediato della somma”. La stessa lettera è stata inviata anche al Governo, all’attenzione di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini e a Umbria Journal come organo di informazione.
Facendo una ricerca su internet troviamo che il datore di lavoro è: “Obbligato per legge a trattenere i soldi e a comunicare i dati del debitore, pena pesanti sanzioni anche penali: quindi anche se si è in ottimi rapporti con il datore di lavoro, non potrà non fare quanto gli richiede la legge”.
“Il datore di lavoro sarà infatti obbligato per legge a trattenere 1/5 dello stipendio e a versarlo direttamente al creditore finché il debito non sarà completamente saldato”.
“Il creditore non può pignorare più di 1/5 dello stipendio, che viene calcolato sul netto dello stipendio e non sul lordo, ossia tolte le imposte. Si tratta di un procedimento valido per qualsiasi tipo di stipendio, a prescindere dall’importo erogato dal datore di lavoro”.
“Difficilmente capita che le somme pignorate superino i limiti di legge e soprattutto è estremamente raro che possono pignorare tutto lo stipendio, ma se dovesse accadere il pignoramento è nullo. La nullità può essere richiesta dal debitore o rilevata d’ufficio dal giudice”.
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