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“E’ parzialmente illegittimo l’art. 630 comma 3 c.p.c. nella parte in cui stabilisce che contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo ovvero rigetta la relativa eccezione, è ammesso reclamo al Collegio con l’osservanza delle forme di cui all’art. 178 comma 4 e 5 c.p.c., senza prevedere che del Collegio non possa far parte il Giudice che ha emanato il provvedimento reclamato”.

Questo è l’interessante principio sancito dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n. 45 del 17.03.2023, ha accolto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 630 comma 3 c.p.c. sollevata dal Tribunale di Udine, con riferimento all’art. 3 comma 1 Cost, art. 111 comma 2 Cost. e art. 117 comma 1 Cost. in relazione all’art. 6 par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.

Precisamente, la questione era stata sollevata nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare in cui il Giudice dell’Esecuzione aveva pronunciato ordinanza di rigetto dell’istanza di estinzione del giudizio avanzata dalla debitrice esecutata, ordinanza avverso la quale quest’ultima aveva proposto tempestivo reclamo al Collegio.

La non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale si ravvisava, a parere del Tribunale rimettente, nel contrasto con diverse norme di natura costituzionale.

In primo luogo, il Tribunale di Udine svolge una censura in riferimento all’art. 3 Cost. poiché ritiene che nell’attuale ordinamento giuridico vi siano numerose previsioni volte a impedire la partecipazione del Giudice che ha adottato un provvedimento, al successivo giudizio promosso contro il medesimo, come, ad esempio, l’art. 186 bis disp. Att. c.p.c. secondo il quale “i giudizi di merito di cui all’art. 618 comma 2 cpc sono trattati da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto gli atti avverso i quali è proposta opposizione”.

In secondo luogo, il Tribunale rimettente sostiene che la partecipazione obbligatoria del Giudice dell’Esecuzione al giudizio di reclamo, unitamente all’omessa previsione della sua incompatibilità, sia in contrasto con l’art. 111 comma 2 cpc, nella parte in cui prescrive che “[…] ogni processo si svolga dinanzi ad un Giudice imparziale”.

Infine, il Tribunale di Udine ravvisa una lesione dell’art. 117 comma Cost. in relazione all’art. 6 par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo laddove stabilisce “[…] il diritto di ogni persona a che il suo processo si svolga dinanzi ad un Tribunale imparziale”.

Sulla scorta del percorso logico – giuridico effettuato dal Tribunale di Udine nel ricorso, la Consulta ha, quindi, ritenuto fondata la questione di legittimità sottoposta al suo esame, basandosi sul principio che induce ad escludere che il medesimo giudice possa ripercorrere l’identico itinerario logico precedentemente seguito, come accade nei giudizi aventi grado diverso, come le impugnazioni.

A giudizio della Consulta il giudizio di reclamo, avendo natura impugnatoria, è necessariamente attratto nella cornice delle garanzie costituzionali in tema di terzietà e imparzialità del giudice, applicabili anche al processo esecutivo, volto a rendere effettiva l’attuazione dei provvedimenti giurisdizionali.

Pertanto, alla luce del richiamato principio di terzietà e imparzialità del giudice, l’art. 630 terzo comma c.p.c. è stato giudicato costituzionalmente illegittimo laddove stabilisce che contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo è ammesso reclamo al collegio, senza prevedere che del collegio medesimo non possa far parte il Giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.

Ne consegue l’obbligo per il giudice dell’Esecuzione di astenersi e la facoltà per le parti di ricusarlo.

 

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