È stata sollevata con diversi atti
di promovimento presso la Corte
Costituzionale, dal Consiglio di Giustizia
Amministrativa per la Regione Siciliana, la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della L.R.
Sicilia n. 15/1991 nella parte in cui estende anche al periodo
anteriore alla sua entrata in vigore l’efficacia
dell’interpretazione autentica della norma,
imponendo la retroattività anche nei confronti dei privati
delle «disposizioni di cui all’art. 15, prima comma, lett. a,
… della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78» sin dalla
data di entrata in vigore di detta legge regionale n. 78/1976,
anziché dalla data di entrata in vigore della stessa legge n.
15/1991.
Vincolo di inedificabilità assoluta e condono edilizio: la
questione di legittimità costituzionale
In sostanza, il Collegio dubita della compatibilità
costituzionale dell’imposizione, nel 1991, del vincolo di
inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla battigia
direttamente efficace anche per i privati con effetto retroattivo
sin dal 1976, anziché con effetto solo dall’entrata in vigore della
cit. legge n. 15 del 1991.
L’accoglimento della questione sollevata avrebbe, praticamente,
l’effetto – ma limitatamente a quei comuni che non avevano dato
attuazione al precetto di cui al cit. art. 15, primo comma, lett.
a) , della L.R. n. 78 del 1976 – di includere nel novero delle
opere condonabili ai sensi del c.d. primo condono,
quello del 1985, non solo «quelle iniziate prima dell’entrata
in vigore della legge n. 78 del 1976 e le cui strutture essenziali
siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976»,
ma anche quelle realizzate, parimenti nei 150 metri dalla battigia,
fino al 1° ottobre 1983.
Ne resterebbero invece comunque escluse:
- le opere realizzate dopo il 1976 nei comuni che avevano attuato
il precetto loro rivolto dal cit. art. 15, lett. a); - tutte le opere ultimate successivamente al 1° ottobre 1983,
perché ex se non condonabili, ratione temporis, in base alla legge
n. 47 del 1985; così come neppure in base al c.d. secondo condono,
quello del 1994, giacché esso è sopravvenuto successivamente
all’entrata in vigore della cit. L.R. n. 15 del 1991, che – pur se
solo a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, ma non già
retroattivamente – senza dubbio ha legittimamente reso
«direttamente e immediatamente efficaci anche nei confronti dei
privati» «le disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma,
lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78», cui il
relativo art. 2, comma 3, si riferisce.
Secondo i giudici siciliani, si sarebbe in presenza di un
travalicamento dei limiti connaturati alla retroattività delle
leggi e di violazione dei principi di proporzionalità e
ragionevolezza di cui all’articolo 3, comma 1, e dell’articolo 97,
comma 2, della Costituzione.
Primo condono edilizio: l’esclusione di alcuni immobili dalla
sanatoria straordinaria è incostituzionale
Inoltre, il CGARS ha sollevato anche la questione di legittimità
costituzionale dell’articolo 32-33, comma 11 (già 10), ultima
proposizione, introdotto in Sicilia dall’articolo 23 della L.R.
Sicilia n. 37/1985. Il Collegio ritiene, infatti, che sarebbe del
tutto irrazionale l’interpretazione normativa nel senso di aver
escluso in Sicilia dalla condonabilità straordinaria di cui alla
legge statale n. 47/1985 le costruzioni realizzate nella fascia
costiera di 150 metri dalla battigia, pur in assenza (all’epoca) di
alcun vincolo di P.R.G. che fosse stato introdotto anteriormente,
almeno, all’entrata in vigore dell’art. 32-33 L.R. n. 37 del 1985
dal Comune di ubicazione del singolo immobile.
L’irragionevolezza di questa esclusione dal condono risulta
insita, specificamente, nell’incongruenza di precludere la più
ampia e generale sanatoria edilizia una tantum, di cui al condono
ex lege n. 47 del 1985, rispetto a immobili che, sia prima e sia
dopo la scadenza del termine per la loro riconduzione al c.d. primo
condono (1° ottobre 1983), avrebbero comunque potuto, possono e
potranno, almeno fino al 1991, ottenere il titolo edilizio in
sanatoria ai sensi dei citati art. 13 e 36.
Questo perché, non sussistendo, fino, appunto, al 1991
alcun vincolo efficace (non solo verso i comuni,
ma anche verso i privati proprietari della costruzione), la
distanza dalla battigia inferiore ai 150 metri, assunta dal
legislatore del 1985 a elemento preclusivo del condono edilizio,
non sarebbe però idonea a elidere la (c.d. «doppia») conformità
dell’immobile «alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia
al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda» (di sanatoria, ex artt. 13 e 36
cit.).
Per i giudici siciliani non v’è alcun elemento che possa far
dubitare che – alla stregua della normativa vigente anteriormente
al 1991 – anche le costruzioni realizzate all’interno della fascia
costiera nei comuni che non avessero recepito nei propri strumenti
urbanistici generali il vincolo indicatogli dal cit. art. 15 ben
potessero risultare conformi, doppiamente, sia alla normativa
urbanistica vigente all’epoca della loro edificazione, sia anche a
quella in vigore successivamente (e, appunto, fino al 30 novembre
1985 o, anche dopo, fino al 1991), per cui potrebbero essere
passibili di sanatoria, c.d. ordinaria, in base ai cit. art. 13
(prima) e 36 (dopo).
È quindi pacifica la circostanza che, fino al 30 aprile 1991,
gli immobili realizzati nei 150 metri dalla battigia nei comuni che
nessun vincolo avessero ancora previsto in tale zona costiera
potessero esser sanati ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del
1985 – perché, per unanime considerazione, l’art.15 della cit.
legge del 1976, sia testualmente sia sistematicamente, non poneva
alcun precetto direttamente efficace nei confronti dei privati
proprietari – quella su cui si radica l’incostituzionalità della
scelta di precludere, solo in Sicilia e diversamente dal resto
d’Italia, il condono straordinario a fattispecie eo tempore
comunque passibili di rientrare nell’accertamento di conformità
(c.d. sanatoria ordinaria, per distinguerla da quella straordinaria
e una tantum del condono).
Il fatto stesso che risulti possibile ottenere una concessione
in sanatoria, ma non un condono, rende ex se irragionevole
l’esclusione di quest’ultimo nei casi di costruzione nei 150 metri
dalla battigia, laddove, come nei casi in esame, non vi fosse un
PRG che avesse previamente recepito il vincolo di inedificabilità).
La ratio del condono è infatti quella di rendere sanabili attività
edilizie che non possano ottenere, ex post, la concessione in
sanatoria; né, ex ante, il titolo edilizio: giacché, altrimenti,
non avrebbe senso ancorare a una precisa finestra temporale la
possibilità di richiedere il condono.
La questione sollevata dal CGARS
Risulta infatti corretta, agevole e, perciò, direttamente
doverosa per ogni interprete un’esegesi conforme al parametro
costituzionale, ossia quella:
- di ritenere esclusi dalla condonabilità, ex art. 32-33, XI
comma, della L.R. n. 37/1985 solo gli immobili realizzati nei
150 metri dalla battigia in quei comuni che, anteriormente al 1°
ottobre 1983, avessero introdotto nei loro strumenti generali il
vincolo di cui all’art. 15, lett. a) , della cit. L.R. n.
78/1976; - di continuare a considerare invece sanabili, peraltro come in
tutto il resto d’Italia, le costruzioni realizzate, come quella per
cui qui è causa, bensì nei 150 metri dalla battigia, ma in comuni
diversi da quelli che avessero introdotto detto vincolo.
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