Il Tribunale di Forlì, con il decreto del 5 febbraio 2024, ha dichiarato inammissibile la domanda di apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore presentata, ai sensi degli artt. 67 ss. del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII), da parte di un imprenditore cancellato dal Registro delle imprese, attualmente lavoratore dipendente, ma con un’esposizione debitoria ancora comprensiva di debiti provenienti dalla pregressa attività di impresa.
Tale decreto si pone nel solco dell’orientamento, sviluppato da talune pronunce di merito e poi consolidatosi con il decreto n. 22699/2023 della Cassazione, che esclude la configurabilità della qualità di consumatore, come delineata dall’art. 2 comma 1 lett. e) del CCII, in capo al soggetto che presenti un’esposizione debitoria caratterizzata anche da debiti afferenti la pregressa attività di impresa e che, quindi, con il piano intenda ristrutturare tali posizioni debitorie, dovendosi, al contrario, opinare come, ai fini della riconducibilità nell’alveo del genus consumatore, appaia necessario che i debiti da ristrutturare siano tutti di natura consumeristica.
Il decreto in esame rappresenta un punto di sintesi rispetto agli orientamenti sinora sviluppatisi sul tema, poggiando su tre argomentazioni la propria tesi, secondo cui non parrebbe potersi qualificare come consumatore il debitore che, pur non svolgendo più nell’attualità un’attività di impresa, presentasse, comunque, nella propria insolvenza finale, “debiti promiscui”, in parte di natura personale o consumeristica e in parte relativi alla pregressa attività imprenditoriale o professionale, neppur ove i primi risultassero “prevalenti” rispetto ai secondi.
In primo luogo, a conferma del fatto che, sulla scorta di una interpretazione della voluntas legis, solo la natura consumeristica dei debiti da ristrutturare consentirebbe di accedere allo strumento di “particolar favore” previsto dagli artt. 67 ss. del CCII per il consumatore – in tal modo, si pensi alla previsione della sottrazione al voto dei creditori o alla previsione di una valutazione giudiziale di convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria solo in presenza di specifica opposizione dei creditori –, potrebbe rilevare il riferimento alla Relazione di accompagnamento al CCII, la quale, nel descrivere la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, sembrerebbe porre l’accento sulla necessaria sussistenza di un indebitamento, in capo al soggetto istante, derivante da “debiti estranei” a quelli connessi alla propria eventuale attività di impresa, in ipotesi svolta anche in forma societaria.
In secondo luogo, a conferma di detta tesi non può che soccorrere, come anticipato, anche l’interpretazione dell’art. 2 comma 1 lett. e) del CCII fornita dal citato decreto n. 22699/2023, interpretazione che a sua volta pone ancora l’accento sulla necessità di propendere per una lettura della norma in chiave squisitamente oggettiva, fondata, cioè, sulla natura dei debiti da ristrutturare, piuttosto che sulla qualità attuale del soggetto istante.
In terzo luogo, vale anche a supporto della tesi finora sviluppata il fatto che l’impianto codicistico così disegnato risulterebbe perfettamente in linea con quanto previsto nella Direttiva Ue Insolvency 1023/2019, la quale semplicemente raccomanderebbe agli Stati membri di consentire a tutti i debitori l’accesso a un rimedio “esdebitatorio”, tra cui rientrerebbe anche la liquidazione controllata, finalizzata, una volta decorso un triennio dall’apertura ex art. 282 del CCII, all’esdebitazione.
Occorre, tuttavia, segnalare che, da un’attenta lettura del decreto in commento, parrebbe comunque – a differenza delle indicazioni provenienti dalla Suprema Corte – che lo stesso lasci aperto uno spiraglio ai fini dell’accesso alla procedura di concordato minore da parte dell’imprenditore cancellato dal Registro delle imprese, nella parte in cui vien fatta “salva la possibilità per l’ex-imprenditore o professionista di far ricorso al concordato minore ove ricorrano le altre condizioni”.
In altri termini, se nel regime normativo introdotto dal CCII parrebbe necessario, perché un soggetto, che sia o sia stato imprenditore o professionista, possa accedere a una ristrutturazione dei debiti del consumatore, che le obbligazioni da ristrutturare siano solo obbligazioni “civili”, “completamente estranee all’ambito professionale produttivo”, al contempo, ove lo stesso soggetto presentasse anche obbligazioni scadute connesse alla propria attività, attuale o pregressa, dovrebbe “farsi rinvio alle disposizioni generali sulla ristrutturazione dei debiti professionali o d’impresa e, dunque, in caso di impresa sotto soglia o professionista al concordato minore, ovvero alla liquidazione controllata”.
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